Italiano/Passato remoto

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Anche il passato remoto descrive un’azione conclusa avvenuta nel passato, o, per meglio dire, un’azione del passato che il parlante avverte come conclusa. Come già segnalato dallo stesso nome (remoto = lontanissimo nel tempo), si ricorre a questo tempo verbale per esprimere fatti avvenuti molto tempo addietro:

Nel 1988 Marina finì l’Università e poco dopo iniziò a lavorare.

Si ricordi che, a differenza del passato prossimo, il passato remoto è un tempo

  • che esprime sempre un fatto avvenuto nel passato rispetto a chi parla (mentre si è visto che almeno in
    un contesto informale il passato prossimo può riferirsi al presente futuro);
  • che serve per esprimere un passato privo di attualità psicologica per il parlante.

Si veda al proposito il seguente esempio:

Il 18 aprile 1993 i cittadini italiani approvarono il referendum che introduceva il sistema uninominale maggioritario al Senato.

Visto che si parla di un evento risalente a più di dieci anni fa, si potrebbe pensare che in questo esempio sia lecito solo l’uso del passato remoto. Siccome però il sistema di elezione in Italia fino al giorno d’oggi non è più cambiato e gli effetti della scelta del ’93 perdurano nel presente, si potrebbe esprimere questa frase anche con il passato prossimo (i cittadini italiani hanno approvato): il tempo verbale scelto segnalerebbe l’attualità che l’evento, pur lontano, tuttora ha per la persona che parla.

Ma la scelta del passato remoto nell’esempio proposto veicola un altro ordine di informazioni: il fatto è successo molto tempo fa; il parlante ha avuto il tempo, per così dire, di “metabolizzarlo”, di viverlo e di rifletterci su; adesso è pronto per archiviare psicologicamente l’evento del ‘93 sotto un’ipotetica rubrica “Eventi del passato”. La scelta del sistema uninominale è per il parlante un fatto definitivamente appartenente alla “storia”, senza più attualità psicologica nella sua vita attuale.